Il mare di Giovanni Pascoli: tra stupore, mistero e armonia

Arriva la fine della settimana e vogliamo concederci qualche momento meno frenetico e più contemplativo.
Ci facciamo aiutare oggi da un’altra illustre penna italiana, quella di Giovanni Pascoli (1855-1912).

Giovanni_PascoliIn questa sede è bello ricordare le sue opere intrise di elementi naturali e di quello stupore candido che caratterizza la poetica “del fanciullino”.

Pascoli indossa occhi nuovi, come non avessero mai visto prima un nuovo bocciolo o una minuscola stella nel cielo, così che possa scoprirli di nuovo e assistere alla meraviglia che ne scaturisce, la stessa che avrebbe un bambino. Fatta di sola purezza.

Nella sua raccolta Myricae, realizzata dal 1891 al 1911, si trovano 156 componimenti suddivisi in 15 sezioni. Questo titolo, che suona così classico, ha una provenienza virgiliana ed è tratto dalla quarta Bucolica (“Sicelides Musae, paulo maiora canamus! | Non omnis arbusta iuvant humilesque myricae” in italiano: “O Muse di Sicilia, eleviamo un po’ la materia del canto! | Non a tutti piacciono arbusti e le basse tamerici“).

Ma non divaghiamo troppo, torniamo al nostro richiamo e leggiamo questa poesia scritta nel 1891 che, neanche a dirlo, s’intitola Mare.

M’affaccio alla finestra, e vedo il mare:
vanno le stelle, tremolano l’onde.
Vedo stelle passare, onde passare;
un guizzo chiama, un palpito risponde.

Ecco, sospira l’acqua, alita il vento:
sul mare è apparso un bel ponte d’argento.

Ponte gettato sui laghi sereni,
per chi dunque sei fatto e dove meni?

È un componimento apparentemente semplice, lineare, che accompagna il lettore in un panorama vasto e tranquillo.
Molto interessante, nonchè ricorrente in Pascoli, il gesto di “affacciarsi alla finestra” che si accosta molto bene all’idea di scoperta; il poeta osserva da un varco e da lì resta sorpreso nella contemplazione.

Allo stesso tempo però, l’immagine suggerisce un sofferto distacco, quasi non fosse possibile partecipare completamente a quella Bellezza cosmica e assoluta. Bisogna osservare da più lontano, stando al sicuro.Ma al sicuro da che cosa?
Il poema nasce sereno, in un’armonia di elementi naturali che si rispondono l’un l’altro: sembrano amoreggiare tra guizzi e carezze…
Finchè compare sul mare un “bel ponte d’argento”, simbolo delle domande irrisolte e del mistero della natura stessa. A cosa serve e per chi è stato creato?
Ignoto.
Esistono significati insondabili della natura e della mente umana, esistono movimenti costanti di cui  non si conoscono le direzioni nè il senso più profondo.
Restiamo così sospesi, tra armonia e incomprensione, forti del fatto che una Via c’è anche se ne vediamo solamente l’inizio e non la fine.